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10/04/2014

Come sopravvivemmo all'inverno atto II. La Loira ed il resto


La prima parte di questo post che parla del viaggio itinerante in Aquitania la trovate qua. Speravo francamente di tornare a parlarne prima, poi i tempi si sono dilatati e ora che ho un attimo di pace (e che ho scovato le foto, soprattutto) è il momento buono.
Questo post lo dedico al piccolo M.E. ed ai suoi genitori, di cui ho parlato nel precedente; anche se probabilmente non lo leggeranno, spero che gli arrivino le sensazioni che provammo noi durante quel viaggio che fu molto importante nel nostro cammino. Che fu la prima cosa che riuscimmo a progettare insieme con grande fatica, dopo.
Con l'augurio che possano in qualche modo ripartire da loro due, piano, quando potranno.



Se chiudo gli occhi la magia della Loira si ripete in tutta la sua potenza.

Le notti blu cobalto con la luna piena che luccica sulle nostre teste e sui tetti, sulle case di graticcio, la valle è un manto d'argento mentre noi ce ne andiamo raminghi per le strade addobbate a festa, un po' infreddoliti e col cuore invecchiato, ma siamo qua per prenderci un po' di bellezza, perché ne abbiamo bisogno, perché ne siamo stati privati brutalmente.




Nella valle della Loira, sede di numerosi castelli della nobiltà francese dell'età moderna, ne vediamo uno solo, quello di Chenonceau, e ne restiamo stregati, perché ci pare di rivivere le vicende di quegli anni splendidi, una per una.
La corte di Caterina de' Medici, la regina di Francia toscana corpulenta e buongustaia che introdusse l'uso delle posate e l'abitudine di separare le pietanze dolci da quelle salate durante i pasti; le truppe inglesi che incidevano nella pietra con la spada versi della Bibbia, graffiti di epoca moderna rimasti intatti dopo cinquecento anni; gli intrighi di castello, le scappatelle dei re, è tutto così vivido e reale.
Per qualche giorno diventiamo il popolo di Giovanna d'Arco, ci sembra quasi di essere là quando Francia ed Inghilterra avevano confini diversi e se li contendevano a suon di spade.



La nostra base è Tours, dove alloggiamo presso una signora affittacamere che poi scopriamo essere italiana di madre, ma che vive in Francia da sempre. 
Suo figlio è un personaggio simpaticissimo che la mattina alle 10, mentre scendiamo per uscire alla scoperta dei luoghi, sta già crapulando con altri amici di ventura in quello che è il loro bar d'altri tempi, coi poster di pastis strappati appesi alle pareti e persone fidate al bancone a bere un ottimo bianco della Loira per schiarirsi le idee. 
E così tocca anche a noi il rito di iniziazione, diventiamo amici a colpi di "C'est facile à boire" (del tipo "È leggero, scende giù che è una bellezza"), lasciamo i nostri bicchieri vuoti sul bancone nel chiaroscuro di un giorno nuvoloso ma luminoso.

La tappa seguente è Nantes, dove i preparativi per il capodanno ci lasciano con uno strano sapore in bocca.
È troppo stridente il chiasso intorno con il nostro silenzio interiore.
E come ogni anno a mezzanotte eravamo già scivolati nel sonno. 
Un'altra notte è passata.

Di Nantes mi restano specialmente il ricordo di Le Lieu Unique, un'ex fabbrica di biscotti bretoni ora riconvertita a centro culturale e gastronomico, la bellezza in bianco e nero di certi cinema che in Francia trovi ovunque e l' incertezza sottile delle passeggiate fluviali dai contorni nebbiosi.



Lasciamo Nantes nel sole per dirigerci verso La Rochelle, un porto sull'Atlantico che ci cattura subito. È il primo giorno dell'anno zero.
Nelle strade deserte reduci dei bagordi della notte prima siamo quasi soli.
Ci godiamo il silenzio e la luce di quel mattino sonnolento.
Il porto cinquecentesco ci appare come un luogo protetto, che rassicura, come a dirci, e noi siamo qua per crederci, che la tempesta non può fare troppi danni, quando si ha un posto a cui tornare, insieme.



Questo è il regno delle ostriche, di ogni colore, forma e dimensione.
Mica lo sapevamo che ne esistessero di tipi così diversi.
Io che neanche ne ero una grande apprezzatrice non mi tiro indietro, come sempre mi accade nelle esperienze culinarie.
E la mia curiosità è quasi sempre ricompensata.
Lo scopriamo ben presto, che qua le ostriche meritano, già al mercato di Boredaux; ma è a La Rochelle che ci si apre un mondo. Troviamo un posto alla buona dove i tavoli pieni di resti sono inequivocabili, e vediamo che basta chiedere un vassoio vuoto, recarsi al banco del mercato che piú aggrada, scegliere le ostriche, farsele aprire, pagarle  e poi tornare al tavolo dove verranno serviti baguette, burro e vino bianco per accompagnare.

Un tripudio del gusto, seleziono le ostriche lasciandomi per ultime quelle della specie piú carnosa e saporita.

Aspettando il nostro bottino al mercato per neanche 20 euro.


E poi c'è anche il tempo per andare a l'Île de Ré, un'isoletta di fronte a La Rochelle che narra di sentieri di montagna che si aprono su panorami mozzafiato sull'oceano e di estati di vicoli affollati.

Per noi è quieta meraviglia nel suo cielo blu sospeso sull'acqua.




Dieci giorni in cui abbiamo cercato di ritrovarci, di ritrovare qualcosa che ci potesse tenere attenti, che ci potesse far sentire ancora vivi.
Non è stato sempre così ma l'averci provato ci dà speranza.

Nel ritorno verso l'aeroporto di Bordeaux ci accompagnano il sole e poi il tramonto d'inverno, dalla natura un invito a tornare che sentiamo quasi come una promessa che dovremo mantenere...










27/11/2013

Mudança e altri viaggi

Eccomi qua, dopo seimila Km percorsi in aereo, piedi, autobus, treno, auto tra cinque città (Lisbona, Bologna, Orte, Viterbo, Roma) e tanti amici, vecchi e nuovi.
Un viaggio di lavoro in quel di Bologna si trasforma in un'occasione per riabbracciare tante persone che sono parte importante della mia vita.
Vi ringrazio tutti, amici miei, uno per uno.
Ringrazio chi è venuto da lontano anche solo per vedermi poche ore, chi mi ha ospitato felice nella sua casa nel solito quartiere bolognese e mi ha portato a fare colazione al solito bar; chi m'è venuto a prendere dopo il lavoro per farmi conoscere il suo gioiello di un anno e mezzo (col quale siamo diventati subito amici!), chi mi ha reso partecipe delle sue difficoltà e delle sue gioie davanti all'ennesimo ginseng, chi è stato troppo breve ci rifaremo, chi ho abbracciato in carne ed ossa dopo un anno intenso di web; chi mi è venuto a prendere all'ennesima stazione con un vento gelido, chi mi ha fatto una sorpresa (mia madre), chi è sempre mia sorella soprattutto quando ci battibecchiamo.

Un brindisi per mrT, il grande assente

Ritorno a Lisbona la sera tardi, e il giorno dopo trasloco quintali di roba a casa nuova. Una faticaccia per il corpo, ma almeno col cuore pieno.
La prima cena consiste in una piadina con stracchino (ne ho scoperto uno buonissimo ultracremoso che fanno a Sorano) e culatello su un tavolo di fortuna infilato tra le macerie. Un po' di gratifica anche per il corpo.




Stamattina stremata mi sveglio così. L'alba entra prorompente dalle finestre della cucina.
"Mudança". Dal verbo "mudar", che significa anche cambiare.
Rende molto piú di "trasloco", che rimanda a qualcosa di puramente fisico.


Un'altra lunga giornata mi aspetta, eppure questa luce mi dà una forza nuova.








16/09/2013

Come sopravvivemmo all'inverno. La Francia-I

Se guardo indietro e penso ai mesi che sono seguiti ad Ottobre vedo un grosso buco nero, nato già enorme e che si allargava giorno dopo giorno, attirando a sé e risucchiando cose, pensieri, emozioni ed interessi. 
La nostra idea era che, quando tutto sarebbe finito, ci saremmo ritrovati in Italia per passare il Natale circondati dall'affetto delle famiglie. 
Ben presto realizzammo che le cose per noi non sarebbero andate così. 
Avevamo innanzitutto bisogno di iniziare a riprogettare piccole cose soltanto per noi due, cose che risvegliassero un qualche interesse sopito, che ci facessero assaporare un po' di forme in mezzo a tutto quel piattume. Io volevo ritrovarmi come persona, oltre che imparare a gestire il dolore che non dava tregua.
Che non sarebbe finito. Un lavoro che sto facendo tuttora.

Le giornate sono lunghe, ma gli anni passano veloci. Un'edicola a Monpazier.


Pensammo allora di pianificare una cosa banale e semplice come un piccolo viaggio da fare durante le vacanze natalizie, un viaggio lontano da tutto e tutti, in un "non-luogo" dove andarsi a perdere un altro po'...con la speranza di ritrovarsi anche un po'.
Dopo aver eliminato alcune mete a causa delle temperature troppo rigide, scegliemmo la Francia, con un giro che partiva dall'Aquitania (Bordeaux e dintorni), saliva su fino ad arrivare alla Loira e poi ridiscendeva la costa della Charente. Fu una grande fatica organizzare la trasferta, la concentrazione era ai minimi storici, ed era stancante anche soltanto infilare un pensiero di senso compiuto dietro l'altro. Ma alla fine riuscimmo a ritagliarci il viaggio giusto per noi anche in quell'occasione.


Partimmo l'antivigilia di Natale, con un volo pieno di franco-portoghesi (molti dei quali si recavano in Francia per ricongiungersi con le famiglie in occasione delle feste) che ci portò a Bordeaux.
In una dimensione interiore ovattata, la "piccola Parigi" capitale mondiale del vino fu una bella scoperta. Cinema d'essai incorporati ad enoteche, ristorantini tranquilli e graziosi, ottima cucina, atmosfera rilassata, quartieri che conservano ancora il loro fascino popolare e autentico, dove ci si ritrova con gli amici al bar a giocare a dadi. Per ore.


Quartiere Saint-Pierre
Café-Cinema Utopia, nella chiesa di Saint-Siméon.
Tiro dei dadi, lo sport cittadino

Il francese come musica per le mie orecchie, non lo praticavo da secoli, ma mi lanciavo con le mie improbabili reminiscenze. Portoghese parlato ovunque per le strade addobbate (sobriamente) a festa, nella macchina che avevamo noleggiato per gli spostamenti era facile ascoltare un'emittente radiofonica portoghese attraverso cui gli emigrati si scambiavano gli auguri.

Girando nei dintorni di Bordeaux ed imbattendosi nei numerosi chateaux (sedi della produzione dei vini) fu facile capire da dove venisse l'eccellenza tanto decantata. La terra è un bene prezioso da quelle parti, l'uomo ne ha saputo fare meraviglie, rispettandola, e ricevendo in cambio oro.
Essendo bassa stagione, per le stradine di Saint-Émilion eravamo praticamente soli, del resto non saremmo mai potuti andarci con le orde di turisti ad invadere i nostri spazi già ristretti.

Saint-Émilion


Eppure una costante del viaggio sono state le persone che abbiamo incontrato in ogni luogo dove siamo passati e che continuamente ci han rivolto la parola, raccontandoci un po' delle loro vite e donandoci qualche sorriso. Dai proprietari di un piccolissimo B&B sperduto nei tigli invernali di Sarlat, al vecchio catalano emigrato in Francia settant'anni fa incontrato per strada, all'edicolante di Monpazier che sognava di vivere in Portogallo (il personaggio più simpatico di tutti però l'abbiamo incontrato nella Loira, di cui parlerò in un altro post).

Dopo venne il Périgord, un susseguirsi di gioielli medievali (le "Bastides") incastonati tra palette di monti neri, rossi, verdi, a seconda delle piante e delle rocce caratteristiche della zona, e il fiume Dordogna.
Paesini sospesi nel tempo e sull'acqua, e soltanto noi a godere di quei colpi di colori, di quel silenzio incantato.
Il nostro unico scopo era camminare, vedere, sentire. Far entrare aria nei polmoni per imparare a riprendere a respirare. Mi sforzai di fare qualche foto, dopo non aver toccato la macchina per due mesi.
Gli occhi stanchi, non era facile guardare nell'obiettivo, mettere a fuoco le scene...tutto era confuso dentro. Tutto così limpidamente spietato. La realtà, forse non la volevo vedere più.

Il nostro B&B tra i tigli di Sarlat, nel Périgord Nero.
Bergerac, Périgord Porpora.
Ancora case a graticcio.
Notturno a Sarlat.
Valle della Dordogna, Beynac.
La Roque-Gageac.
Monpazier, Perigord Porpora.




Quindi, armati di una mappa comprata dal simpatico edicolante di Monpazier, risalimmo su per giungere in Loira. Dove ci aspettava un altro piccolo mondo fatato.


[to be continued...]









23/07/2013

Estate mediterranea. La costa provenzale

D'estate me ne andrò felice
per le terre battute dal sole
in un vento di fresca bruma di mare,
sentirò il canto delle cicale
farsi tappeto sonoro
nel profumo delle piante e dei fiori
che sanno di Paradiso.


Foto scattate a La Ciotat



E succhierò il bianco delle rocce maestose
cattedrali silenti nell'acqua verde e blu
sarò come quei pini che mettono radici e fioriscono nella pietra.


Calanques de Port-Miou e d'En-Vau




Cercherò sempre quel tuo soffio che mi sfugge

Mediterraneo

culla che non mi abbandona
torno a bagnarmi di te...


D'estate sentirò i flutti
infrangersi sulla prua delle barche con cui solcherò cento altri mari
mi basterà chiudere gli occhi
per rivederti ancora
lambire coste selvagge
e sentire la tua onda
arrivare a me da lontano.


Île Verte











15/07/2013

Cronache provenzali. Io e Marsiglia/II

Marsiglia, Marseille, di te mi resta 
quella tela graffiata dalla luce del tramonto sulle barche stanche





un posto nel buio dei vicoli rotti dove lo sguardo cerca traccia di chi è già passato




il tocco delicato delle tue porte e delle finestre da dove arrivano immagini di vita pura
nell'aria che profuma di lavanda e fiori d'arancio, di terra e di mare,
un balsamo per la mia anima errante


Quartiere Le Panier


mi resta lo splendore della luce che a volte ripaga della fatica nel raggiungere certe vette 

la gioia di tre amici che dividono il cibo in un tramonto di spade sottili sul mare


Notre-Dame de la Garde


la bellezza che non si può dire
delle stanze e dei balconi sui tetti
nei sorrisi di Michel e Odile


Photos courtesy of Michel e Odile
Notte sui tetti




l'abbraccio materno del porto al ritorno sull'acqua colorata
un luogo dove attraccare sicuri
riparo dalle burrasche che mi spingono al largo



Le Vieux Port




il sussurro delle fronde nell'ultima notte
nel silenzio delle tue viscere nascoste...







la promessa eterna che tornerò da te
come un marinaio che torna alla sua casa

ogni sera in un luogo diverso.


La Friche Belle de Mai









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