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20/03/2013

Il mio 8 1/2. Un film per la vita

Avevo questa bozza ferma dal 19 Ottobre 2011.
Quando sono andata a ripescarla stamattina ho avuto un sussulto.

Pensieri sparsi su un Film, anzi, il Film, quello che per me ha rappresentato e continua a rappresentare un cult, un testamento spirituale, perfetto connubio di forma e contenuto, che ha saputo toccare tutte le mie corde intime, ed ora persino di più: 8 1/2 di Fellini.
Ieri sera lo hanno proiettato alla Cinemateca, un posto straordinario, un museo del cinema con programmazione sempre interessante. Per i cultori dei film d'annata, soprattutto.
Inizia infatti oggi l'omonima Festa do Cinema italiano, e in occasione del 50esimo anniversario del film era quasi scontato che da qualche parte lo riproponessero.

"Non so, per ora sulla cartellina che contiene gli appunti e la scaletta approssimativa del racconto, a parte le solite culone beneauguranti, ho disegnato un grande otto. Sarebbe il suo numero, se lo farò", disse Fellini, parlando del film in fieri che uscì poi nel 1963.
Il ruolo del regista Guido Anselmi fu in un secondo tempo affidato a Mastroianni invece che a Laurence Olivier perché quest'ultimo "era troppo bravo, mentre Fellini cercava un tipo schiacciato dalle debolezze e dalla mancanza di personalità" (così Mastroianni stesso nell'intervista che fece con la Fallaci).
Guido è infatti un regista di mezza età alle prese con una forte crisi d'ispirazione, un uomo che pare sospeso, incapace di vivere il presente; bloccato in un impasse creativo ed esistenziale, incapace di mettere in scena il suo film, di gestire i rapporti con le donne ed in generale con gli affetti. Non riesce neanche a far pace con la memoria dei suoi genitori defunti, che tornano continuamente a trovarlo insieme a tutti i personaggi dei suoi ricordi e dell'immaginazione, quasi come in una dolce tortura, facendolo abbandonare ad una malinconia  in cui riesce a trascinare anche noi.
La dimensione temporale ed emotiva è stravolta e costituisce un dondolo perpetuo tra passato e presente, realtà ed immaginazione: Guido si consuma a chiedersi come fare per capire, cosa sia nascosto tra le pieghe di un'esistenza che non si rivela, cercando risposte che non trova.
Sfilano intanto sulla scena una carrellata di personaggi indimenticabili, come la Saraghina la prostituta, e tutte le donne della sua vita: la moglie Luisa e l'amica, l'amante Carla, sua madre.
È circondato da donne, fantastica di averle tutte in un harem, non ne possiede in verità nessuna.


Mastroianni e Fellini sul set (foto dalla RAI).

Un episodio resta per me particolarmente caro. Durante una festa coi produttori del film, Fellini ci mostra Guido da bimbo, in una sequenza eccezionale. Un mago sta intrattenendo gli ospiti leggendo loro nel pensiero; quando arriva il turno di Guido, il mago scrive sulla lavagna le tre paroline "Asa Nisi Masa" e nessuno ne coglie il senso, ma esse sono la formula magica che ci permette di entrare nella porta della sua infanzia. E così conosciamo il casolare di famiglia, le vedemmie fatte di uva pestata coi piedi, le stanze che risuonano del dialetto romagnolo; sentiamo sui nostri corpi la morbidezza delle coperte rimboccate dalla nonna e udiamo sua sorella che prima di mettersi a letto pronuncia le fatidiche paroline "Asa Nisi MAsa". Anima, nel linguaggio del buffo giochino che facevo da bimba.

Sul set dimesso del film che ha ormai deciso di non girare più, dopo aver a lungo parlato della sua incapacità di amare con Claudia, la ragazza immaginaria ormai personificata che rappresenta il suo ideale di Bellezza, Guido capisce, è toccato dalla rivelazione.
D'un tratto si rende conto che non deve far altro che accostarsi alla vita in modo semplice, amare per essere amato, lasciarsi ancora intenerire dagli uomini per ritrovarsi uomo, che ciò che è è tale in virtù di ciò che è stato, in un fluire naturale in cui è immerso, in cui si riconosce...e non ha più paura di mostrarsi e di accettare anche le ombre, i fantasmi del passato, il peccato, le debolezze.
In una sorta di  epifania finale i personaggi che popolano il suo mondo interiore e reale troveranno una collocazione, e stavolta sarà una festa di suoni in un girotondo gioioso dove tutti si daranno la mano per celebrare quell'unico ed irripetibile ciak.
La malinconia ha lasciato il posto alla felicità.
Il finale è un tripudio corale, un inno alla vita.
Il film ora c'è, è stato scritto. Non ci sono altre scene da girare.

8 1/2 è semplice, tanto semplice da commuovere.
E mi commuove la scena finale che parte dal momento in cui Guido decide di far smontare il set. I suoi pensieri ad alta voce nel momento della "scoperta" (che partono dal minuto 2.55)  riescono magicamente a parlarmi in maniera speciale, ogni volta. Vale sempre la pena rivederla.






"Ma che cos'è questo lampo di felicità che mi fa tremare, mi ridà forza, vita? 
Vi domando scusa, dolcissime creature; non avevo capito, non sapevo... 
Com'è giusto accettarvi, amarvi, e  com' è semplice. Luisa, mi sento come liberato: tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare. Ma non so dire... 
Ecco, tutto ritorna come prima, tutto è di nuovo confuso. Ma questa confusione sono io, io come sono, non come vorrei essere, e non mi fa più paura. 
Dire la verità, quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo, e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita, viviamola insieme. Non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri: accettami così come sono, se puoi. È l'unico modo per tentare di trovarci."



E dopo il 19 Ottobre 2012, un anno esatto da quando avevo iniziato a scrivere questa bozza, il giorno che ha segnato il "prima" e il "dopo" della mia vita, queste parole oggi sembrano arrivare da lontano apposta per me.





10/10/2012

Women are heroes

Ieri sera sono andata finalmente a vedere il film-documentario "Women are heroes" di JR, un giovane fotografo-street artist-attivista parigino che, partendo dalla banlieux della sua città, è arrivato a portare le sue opere sui muri di tutto il mondo. 
Dopo diversi lavori interessanti (ad esempio il FaceToFace in Israele e Palestina), nel 2007 inizia a lavorare ad un progetto più vasto che lo porta in giro dal Brasile alla Cambogia e all'India, passando per Sierra Leone, Kenya, Liberia e Sudan, allo scopo di conoscere e fotografare quelle realtà ai margini, di cui si parla al massimo in circostanze tragiche.
In "Women are heroes" JR ci parla attraverso gli occhi delle donne che vivono in quei luoghi dimenticati, che con la sofferenza di madri e la loro grande tenacia lottano quotidianamente perché qualcosa cambi nel loro mondo; quelle donne ci raccontano le loro storie e regalano volti e sorrisi a chi vorrà raccoglierli e diffonderli. Ne vengono fuori dei ritratti meravigliosi, alcuni indimenticabili, che non vi anticipo: vi dico solo che vale davvero la pena conoscerli.

Sono tutte storie di mondi difficili, con i loro ampi squarci di umanità che scorre tra le lamiere e i muri di mattoni improvvisati, e sono testimonianze drammatiche che non sfociano mai nel pietismo. Parole lucide, le loro, e le lacrime, quando sgorgano, sono calde e sanno di un'interiorità carica e piena, di una forte volontà di condividere, di migliorarsi, di credere in una possibilità di vita anche dove la morte si tocca con mano. In fondo c'è sempre la speranza che qualcosa possa cambiare, mediante l'impegno profuso ogni giorno nell'educazione dei propri figli, col lavoro -per quanto umile possa essere- e con la lotta ai piccoli e grandi abusi di cui sono vittime ogni giorno.
Più volte mi sono emozionata durante la visione!

Ecco il trailer in versione ridotta.


Il progetto di JR nasce e trae completo supporto dall'incontro e dalla stretta collaborazione con la gente del posto, che, per darsi visibilità, si dimostra ben disponibile ad aiutarlo nell'impresa di ricoprire muri e tetti  delle città (emblematico per me il caso di Kibera in Kenya, vedere per credere).
Alla fine quei volti e quegli occhi vengono fotografati da vicino e finiscono per illuminare e ridisegnare i luoghi cui appartengono...e non solo ormai, perché il progetto è diventato anche una mostra itinerante ed un libro.

Così si presentava la favela Morro da Providência di Rio de Janeiro dopo il "ritocco".




Andate a vedere questo film (su YouTube c'è anche in versione integrale, ma solo con sottotitoli in francese), o le mostre relative, se vi capita.  Penso sia importante che queste voci non cadano nell'oblio, e sono sicura che quegli occhi che scorrono persino sui treni in corsa tra gli slum vi resteranno impressi a lungo, perché sono così profondi che sembrano abbracciare tutta la terra.






23/08/2012

Heartbeats

Oggi mi sento così, come quelle palline di colore che inondano una città di luce che può essere sull'Atlantico o sul Pacifico, poco importa.
Ho amato questo pezzo da subito, perché mi infonde speranza, mi trasmette una delicatezza ed una pace incredibili.
Ho amato questo video da subito, ancor prima di visitare quei luoghi, quando li potevo solo immaginare,  quando le salite e le discese, il blu ed il bianco mi sapevano tanto di Lisbona.
E poco importa che sia una pubblicità, se è la più bella che io abbia mai visto.
Oggi sono una pallina colorata.







                                                   




[Se blogspot fa le bizze per caricare il video, conviene cliccare sull'icona dello schermo intero, in basso a destra accanto alla scritta YouTube.]






25/05/2012

Anthony Bourdain a Lisbona, io e Cosmopolis

Cosa c'entrano lo chef Anthony Bourdain, Lisbona, il duo lisboeta Dead Combo con la loro musica fatta di  jazz, post-rock, musica popolare portoghese, e Cosmopolis, il film in questi giorni in concorso a Cannes, tratto dall'omonimo libro di DeLillo tradotto da Silvia Pareschi

Dunque. Prima di vedere questo video non avevo la minima idea di chi fosse Anthony Bourdain. Ora so che è uno chef  newyorkese di alto livello che da qualche stagione è l'inviato di un programma che si chiama "No reservations", in cui il simpaticone viaggia in lungo e largo per il globo spazzolando tutto quello che c'è di tipico nelle zone in cui va a girare. Dire che lo invidio è poco: fa il mestiere più bello del mondo! Il programma a mio parere è fatto bene: si vede che i contatti con la gente del posto sono validi, ed inoltre capita di sentirsi davvero coinvolti nelle usanze locali.

Recentemente è andata in onda la puntata su Lisbona, che vi linko qua sotto. Se ce la fate a resistere, godetevi i primi cinque minuti, ma poi vi verrà l'irrefrenabile voglia di tuffarvi in una vasca di frutti di mare, vi ho avvisati. Segnalo anche che dal minuto 16 in poi lui e i bravi del posto fanno fuori una quantità di polpo arrosto che sfamerebbe un esercito; dal minuto 18 va pure a fare l'aperitivo in uno dei miei posti preferiti, ed infine al minuto 22 ingurgita un paio di litri di ginjinha (di cui sono un'estimatrice anch'io) come se niente fosse.  Per quanto mangia dovrebbe essere un barilotto, ma non lo è: saranno fotomontaggi?

Inutile dire che ho già visto le puntate girate in Sicilia, Sardegna e Creta, e sto cercandone altre.




Colonna sonora del video sono appunto i Dead Combo, ricorrenti col pezzo "Lisboa mulata", contenuta nell'omonimo album in cui ha suonato anche il mitico Marc Ribot.
Qualche mattina fa sento alla radio che, da quando negli USA è andata in onda la puntata del mangione in riva al Tejo, quest'album è schizzato in vetta alle classifiche di iTunes, e che questa sera il duo andrà a suonare a Cannes in occasione del party dopo la proiezione di Cosmopolis, come annunciato nel sito ufficiale.
Il collegamento tra le due cose è che il produttore del film è Paulo Branco, portoghese, il quale ha annunciato che dopo la fine del concorso il regista (Cronenberg), i due attori principali (Robert Pattinson e Paul Giamatti) e molto probabilmente anche DeLillo saranno a Lisbona per la prima.
Speriamo di avere modo di parteciparvi, con la mia bella copia di Cosmopolis -che sto ancora leggendo- vinta in occasione del primo anno del blog di Silvia, e recapitatami in Italia ad Aprile.
La copia è già autografata dalla traduttrice, chissà che riesca  a collezionare anche l'autografo dell'autore! 
[Aggiornamento del giorno dopo: i biglietti per la prima sono esauritissimi! Addio sogni di gloria.]



E pensare che in teoria avrei dovuto ricevere "Erano solo ragazzi in cammino" di Dave Eggers, ma poi c'era stato un cambio programma last minute.
Quando si dicono le coincidenze!  Insomma, ora tutto torna.
A questo punto ho troppe ragioni per tifare per Cronenberg & soci! 
Mi hanno dato anche l'occasione per mostrare finalmente questo bellissimo premio, che mi accolse come un abbraccio in un caldo pomeriggio italiano di primavera.






28/03/2012

Menù di ieri: la giornata mondiale del teatro.

Ieri decorreva la 50esima giornata mondiale del teatro. Per l'occasione molti teatri in città erano ad entrata gratuita.
Io ero uscita da lavoro tardi e mi godevo l'aria primaverile, quando ad un certo punto vedo giungere un'allegra compagine di ragazzi e ragazze festanti e vestiti in maniera divertente. 


Non avevo la macchina fotografica, perciò mi sono adoprata con l'intonsa funzione del mio cellulare.
Abbiate pietà per la qualità...

Si sono messi davanti a noi e hanno iniziato a cantare ed a recitare dei piccoli pezzi, per poi distribuire dei volantini con un messaggio di John Malkovich, invitato dall' International Theatre Institute a fare un discorso commemorativo.
Il messaggio di John (il quale, per inciso, ha un ristorante proprio qui in città, che sorge nella zona portuale dove prima c'era una fabbrica di navi), augura che il lavoro di "voi compagni di teatro possa aiutarci a riflettere su cosa vuol dire essere uomini, e che questa riflessione sia guidata dal cuore, dalla sincerità, dal candore e dallo charme. E che ciò che di meglio abita in voi possa rispondere -sebbene solo in alcuni brevi e rari istanti- alla domanda fondamentale: com'è che viviamo?"

Ecco, io credo che questa ricerca vada fatta sempre, anche se spesso ce ne dimentichiamo, o non ci badiamo, presi da altre piccole cose.
E soprattutto, con una sana dose di autoironia, di spirito, perché a prendersi troppo sul serio si finisce per non piacersi nemmeno un po'.

Quindi ricordo a tale proposito un grande del teatro e del cinema italiano. Uno dei più bravi di sempre, in una delle puntate della rubrica "Vittorio Gassman legge" che andava in onda all'interno della trasmissione televisiva "Avanzi", quando la stagione televisiva era certamente più felice di quella di oggi. Eccolo, Vittorio Gassman che legge il menù. 









29/10/2011

Down in Mississippi

L'altra sera sono stata alla rassegna annuale di cinema documentaristico Doc Lisboa a vedere "Blue Meridian", atto secondo della trilogia "American Water" della giovane regista belga Sofie Benoot dedicato ai luoghi dimenticati eppure storicamente e culturalmente importanti degli Stati Uniti. 
Questa volta Sofie ci porta negli stati del Sud Est , nel cuore nero di Mississippi e Louisiana. Il viaggio parte da Cairo (sud Illinois), punto di confine tra Nord e Sud, dove i fiumi Mississippi e Ohio si incontrano, città evacuata qualche mese fa a causa di una spaventosa inondazione.
Si viene così subito proiettati nel viaggio che ci aspetta, attraverso zone che al tempo dei commerci fluviali erano prospere e che ora  sono a rischio scomparsa. 
Eppure la gente di quei luoghi "sa come fare per andare avanti, ha tutto ciò di cui ha bisogno", ci dicono.

Seguendo il corso del fiume l'occhio della telecamera, che spesso indugia su alcuni dettagli come case abbandonate, ex capannoni industriali decadenti, ci rende partecipi di una realtà  dura ma che non è morta, che vive, che vuole vivere.
La manifestazione del dolore è nei volti delle persone, nei luoghi tremendamente spogli e spesso degradati, sovrastati da un cielo e  un'acqua grigi e pesanti.

Ma nelle parole della gente è viva la speranza di migliorare la propria condizione (non necessariamente sulla terra) e un attaccamento ai propri luoghi  "perché qui al Sud siamo diversi: a Nord sono tutti yankees, la gente più arrogante sulla faccia della Terra", e un invito a non lasciarli morire, quei luoghi, un invito ad amarli.  
A sperare, a non mollare.
Questa gente ha fede ed invoca il suo Lord fin dai tempi delle preghiere degli schiavi neri piegati nei campi di cotone; lo spiritual, il blues, tutto è impregnato di simboli e di soprannaturale, in quest'area galleggiante sul fiume imperioso, che anno dopo anno si mangia un pò della terra, con la sua forza, a volte anche con la violenza dell'uragano, violenza stampata nel ricordo di chi è stato risparmiato.

Il viaggio si apre con la preghiera "Amazing grace" e si chiude con una testimonianza di un abitante che ci racconta che la sua terra si trova già diversi metri sott'acqua e che secondo lui  "tra 40 anni qui non sarà rimasto più nulla". 

Forse.
                    


                        




16/07/2011

Roads? Where we're going we don't need roads!

Omaggio a uno dei miei film preferiti di sempre: Back to the future.

Poster creato dalla graphic designer brasiliana Roberta Soares (la quale mi pare di gran lunga interessata al primo film della trilogia).

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