29/05/2011

Death Valley: A Land of Illusion

Verso la Death Valley, attraversando un pezzo della historic route 66, dove tutto racconta di uomini passati da queste parti con la speranza di trovare il senso che avevano da sempre rincorso.



"La Death Valley non è realmente così differente da gran parte del resto delle zone desertiche. È un po’ più profonda, un po’ più calda e un po’ più secca. Quello che la fa sembrare diversa non è nient’altro che la nostra immaginazione. Perciò è una terra di illusione, un posto nella mente, un miraggio tremolante di ricchezze, di mistero e di morte " (R. Lingenfelter)

 

28/05/2011

High Desert

Man mano che ci si avvicina al deserto il paesaggio si fa arido e ostile. Chi lo direbbe che da queste parti che sembrano abitate solo dai Joshua trees ci sia spazio anche per gli umani, eppure..la vita nel deserto mi appare sospesa da qualche parte nel tempo.

Next left 3/4 mile: Big Sur

Highway 1: Pacifica. Big Sur è la prima tappa. Montagne a picco sul Pacifico, vegetazione florida e fitta, spiagge nascoste. Un posto meraviglioso dove poeti e scrittori celebri d'America hanno trovato ispirazione. Io dal mio canto ne cerco una sulle mappe stradali durante una pausa nel blu e nel verde della fondazione-libreria Herry Miller.




Da lì ai tramonti di palme il passo è breve -si fa per dire, date le distanze enormi da queste parti.

23/05/2011

3rd chorus: Only in SF

Via da downtown- per me crocevia indispensabile per il cambio di autobus e tram- che vale una visita grazie ad un rigoglioso tombino fumante in Market Street e allo stupendo Moma (Museum of Modern Art)  a Soma, zona Yerba Buena. A proposito, a giudicare da certi odori costanti nelle strade direi che Yerba Buena a SF non è solo il nome di un quartiere.



Nello storico neighborhood nero di jazz & blues di Fillmore m'imbatto nella chiesa ortodossa africana dI St John Coltrane, dove la domenica mattina i fedeli celebrano una messa che dura circa 3 ore e che si conclude con una jam session di "A love supreme".



A Nob Hill la Grace Cathedral custodisce The interfaith AIDS chapel, al cui interno le colonne raffigurano i simboli di tutte le religioni del mondo -simbolicamente unite nella preghiera contro la diffusione dell'AIDS- e al cui centro è esposto un trittico che raffigura la vita di Cristo eseguito da Keith Haring, morto di AIDS pochi giorni dopo aver finito di incidere il disegno.



L'architettura delle case in questa città vale già il viaggio. Stupendi edifici di legno, praticamente tutti in stile vittoriano essendo stati costruiti -tra l'altro ad un ritmo vertiginoso- dopo il terribile terremoto del 1906, dalle forme armoniose e con colori incredibilmente ben accostati. Alcuni più tenui, pastello, altri più sgargianti, ma in pratica girare per le strade vuol dire continuare ad ammirare questi gioielli che fanno della città un vero museo a cielo aperto. Avrei voluto fotografarli tutti.



Infine Lui, il simbolo di SF, il ponte eretto negli anni '30 ma che esisteva già nell'immaginario dei pionieri che inseguivano il sogno del Far West.. perché per loro entrare nella baia era come aver conquistato l'ingresso per il paradiso, un sogno fatto di oro e sangue, The Golden Gate.



Nonostante sia un pò defilato rispetto al centro della città, dove si erge il Bay Bridge, questo colosso arancio lascia senza fiato per la sua imponenza e per la sua scenicità. E' una costruzione mastodontica ma familiare, possente ma indulgente, massiccia ma rotonda. Un invito a percorrerlo in bici, a piedi, in auto...a voltarsi indietro per ammirare la città e nel contempo guardare avanti per lasciarsi cullare dalle forme della Baia.

21/05/2011

Postcards from SF

Alamo Square e dintorni sono posti dove sostare sull'erba ad attendere il tramonto inondare d'oro la skyline incredibile che si staglia di fronte. E poi...scollinare..al prossimo post.

19/05/2011

2nd chorus: in the company of best friends there is never enough wine

Come non essere d'accordo con Kerouac. Ma a North Beach, nato come il quartiere italiano della città, il vino certo non manca. Numerosi caffè e ristoranti propongono menù che spaziano dalle pappardelle alla lepre toscane alla caponata siciliana (i piatti non li ho assaggiati, ma ho notato che sono scritti correttamente nella carta, ed è un buon segno). Ma c'è anche altro: negozi di artisti locali che propongono le magliette dai marchi più svariati (come ad esempio "SanFranpsycho"), negozi di dischi e strumenti musicali, boulangeries dove gustare ottimi dolci a colazione (di mattina non ce la posso fare con le famose scrambled eggs che qui impazzano).

   

A Washington Square di buon mattino (a causa del fuso i primi giorni ero per strada già alle 7) ci si imbatte in gruppetti di cinesi attempati che praticano il tai chi. E poi è il quartiere beat, dove sono passati tutti, da Kerouac a Ginsberg, da Cassady a Burroughs, a Ferlinghetti, storico editore che ha fondato la City Lights Books, dove, va da sè, ho speso una buona mattinata, mentre il vecchio Lawrence si aggirava tra gli amati scaffali. Chiaramente ne sono uscita col bottino: una copia di "Howl and other poems"di Ginsberg, manifesto beat edito coraggiosamente da questo editore negli anni '50 e che gli costò la censura e anche un processo per il contenuto giudicato osceno del poema (processo che poi finì con l'assoluzione).



Ci si incontrava tra un bicchiere e l'altro al Vesuvio Cafè, un locale dove sembra davvero che ad un tavolino ci si possa ancora imbattere in qualche protagonista di quella fortunata stagione.



La città è tutta un meraviglioso saliscendi, che produce spettacolari panorami. Uno di questi si vede dalla Coit Tower che è il simbolo di North Beach.

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