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26/06/2012

Cose di Bavaria

Eccomi nella ridente Bavaria per alcuni giorni a causa di impegni di lavoro.
Era un po' di tempo che mancavo dalla Crucchia, e ora devo dire che mi è tutto un po' più chiaro. Ad esempio, il latte con la densità del piombo è fatto apposta per compensare il caffè annacquato: mescoli il tutto e ottieni il beverone a densità umana. Mi resta da capire perché le bottigliette di acqua con etichetta "Extra still" contengano acqua frizzante: cosa conterranno quelle etichettate "Sparkling"?
E soprattutto, perché una frizzante bottiglietta di appena 0.70 cl costa attorno ai 4 euro?
Insomma, trovare dell'acqua da bere qua può essere un'impresa ardua davvero. In compenso i bicchieri da birra non li fanno più piccoli di 1 litro.



Poi parliamo di strade. 
L'allegra compagine (due italiani me compresa, due portoghesi e un californiano) giunge all'aeroporto di Monaco che è già notte. Gli italiani, reduci da malanni fuori stagione, semi-bardati per evitare spiacevoli ricadute, i portoghesi visibilmente assolati grazie al weekend da spiaggia, il solito ottimista californiano in maniche corte in una città freschina e con una simpatica pioggerellina.
All'uscita dell'aeroporto il piazzale è affollato da taxisti turchi. Il nostro, l'unico con un pulmino, giovane ed inesperto, traballante anche col tedesco (lasciamo stare con l'inglese...) comincia a sudare freddo quando capisce che non gli stiamo chiedendo di portarci nel centro città. I colleghi turchi si stringono a cerchio solidale intorno a lui, ognuno dispensando consigli e indicazioni, e dopo un quarto d'ora di consultazioni finalmente partiamo. C'è anche il navigatore a dargli una mano.
Dopo i primi quindici minuti in cui sembra che la strada presa sia quella giusta, ad un certo punto cominciamo a renderci conto che qualcosa non va. Il pulmino si perde nelle lande desolate e notturne della Bavaria, il navigatore ha fatto cilecca. Il giovane taxista contatta telefonicamente padri e fratelli, ma non ne viene a capo.
A proposito, apro una parentesi, così mi levo questo sassolino dalla scarpa. Checchè se ne dica, io odio i navigatori. Sono oggetti diabolici, perché ti fanno prendere strade improbabili che in situazioni normali di coscienza attiva non prenderesti mai, ti costringono a staccare il cervello, e a quel punto meglio dotarsi di pilota automatico e leggersi un libro on the road. Professo la mia assoluta fede verso mappe e cartine, assolutamente più affidabili, oltre che palestre per un minimo di attività cerebrale, che ormai nel quotidiano viene costantemente messa sotto scacco in nome di automatismi "facili".  Inoltre, davvero, ho sempre avuto esperienze negative con quegli aggeggi infernali: amici che si perdevano per strade deserte e sterrate, o che facevano giri in tondo delle città, gente che lo accende pateticamente per fare il solito tragitto casa-lavoro, o per percorrere in generale strade arcinote, e ora anche il taxista che brancola nel buio totale. Se non era per noi che guardavamo i cartelli nelle tenebre, era ancora lì a girare nelle campagne bavaresi. 
Ah, per la cronaca: il navigatore indicava esattamente la direzione opposta a quella corretta.

L'albergo dove alloggio è pieno di galli e uccelli vari impagliati, che ti osservano all'entrata e persino nella sala colazione, dall'alto dei loro nidi posticci. Brrr.
La metro puzza di quella sostanza con cui puliscono i binari con le travi di legno per difenderli dagli attacchi dei parassiti: la mattina è un toccasana respirare quei miasmi, e portarseli addosso per ore sui vestiti, e, cosa che odio ancora di più, nei capelli. E i miei assorbono tutte le puzze del mondo.
E poi...stamattina ho visto il solito crucco con le sue brave Birkenstock e i calzini (marroni però) ai piedi. Certo che alcuni  luoghi comuni sono davvero difficili da sfatare, se ti si ripropongono puntuali nella realtà.








21/06/2012

Dimmi che numero hai...un pomeriggio al Centro de Saúde

Sono alcuni giorni che vivo in un esilio dorato (ma neanche tanto) con febbre e mal di gola potente. Siccome la febbre la sera si ripresenta puntuale nonostante il paracetamolo, oggi ho deciso di andare a fare una visita al Centro de Saúde, che è come una specie di ASL dove ricevono vari medici, alcuni su prenotazione, altri no, di famiglia e non. Io il medico di famiglia non ce l'ho, quindi ogni volta che vado me ne capita uno diverso. Per fortuna non sono habitué di questi posti, anzi, e infatti non mi spiego come sia possibile essere ridotti così in piena estate. Maledetti batteri dei miei stivali.
Sapendo che le visite iniziano alle 16 e che dalle 15.30 in poi inizia l'accettazione -che va avanti fino ad esaurimento posti- per non rischiare di non essere visitata mi presento alle 15.10, dopo essermi arrostita guidando l'auto che era rimasta al sole per due giorni.
Prendo il mio numerino, il 5, e mi siedo paziente: ci sono solo 3 numeri avanti a me, che bello, ho fatto bene a venire prima. La mia attenzione quindi viene catturata dal televisore appeso in un angolo che trasmette un programma d'intrattenimento supertrash -di quelli soliti pomeridiani- mentre si sta esibendo una tizia che somiglia ad Alessandra Mussolini con 20 cm di ricrescita scura, top fuxia e jeans. 
Intanto sento periodicamente il "beep" del pulsante che chiama il prossimo, ma, quando distolgo lo sguardo dalla Mussolini, mi rendo conto che esiste una pericolosa fila parallela che va avanti ad un altro sportello indipendentemente dal beep. "Chi è il terzo?" ecco come l'impiegata dello sportello della fila parallela chiama i pazienti. 
Uhm. E il simpatico numerino? Che si prende a fare? Io non ho fatto proprio caso a chi stava davanti a me! Al quarto parallelo chiamato mi alzo per mettermi in fila, per far vedere insomma che non dormo, visto che si sta cominciando a creare un po' di caos. Una signora si alza dietro di me e capisco che pretende di passare avanti, allora le chiedo se fosse arrivata prima di me e mi dice di sì "ma è una cosa rapida". No, vabbè, mica c'è bisogno di specificare quanto tempo ci metterai? Se sei arrivata prima vai pure, tanto io non c'ho fatto proprio caso, avevo preso la senha, io.
Proprio mentre la signora si appropinqua al bancone, ecco l'ennesimo "beep". 
Nel display 05. La signora viene ricevuta. Ehm...allora me state a cojonà? 
Insomma, ad un certo punto vado nella fila parallela (il numerino ormai era carta straccia). La prima cosa che mi chiede la tipa è appunto il maledetto numero, e poi mi fa: "Ma non è passata dalla mia collega?". Ahaha. Non mi scompongo neanche un secondo, dico no e resto lì a prenotare la visita che sarebbe avvenuta dopo. 
Nel frattempo assisto anche a una discussione in diretta tra l'impiegata della fila parallela e una tizia nell'altra fila, che a quanto pare si è già presentata centinaia di volte a quegli sportelli per chiedere una cosa che loro non possono fare. Battute e ribattute. E io nel mezzo che volevo solo quel benedetto foglio con l'impegnativa della visita, intanto che la mia gola era in fiamme.
Allora la mia mente si è estraniata dal contesto e s'è messa a ballare "Samba Fortuna", il grande motivo tormentone del film di Albertone "Il medico della mutua".




A samba concluso, finalmente salgo su col bottino in pugno, dopo che l'impiegata mi ha chiesto di ricordarle quale fosse il mio numero (!). Se giocassi al lotto, punterei tutto sul 5, a questo punto.
Mi siedo vicino ad una bambina paffuta che gioca una specie di "Indovina chi?" con la madre, mi guarda a lungo e sicuramente penserà che affianco si ritrova una mentecatta, data anche la mise da esiliata.
Allora dopo un po' mi metto a guardare come gioca, e quando alla fine mi dice sorridendo "E' già la seconda volta che vinco!" penso che avrà avuto pietà di me e delle mie sofferenze, e avrà deciso di rivolgermi la parola. 
Oh, è il mio turno, finalmente, in un'ora e mezza ho risolto.
Beh, risolto è un parolone, ma ci proviamo, a botte di antibiotici e paracetamolo.
Ci mancava solo che il medico mi dicesse "Vuoi guarì? Non litigà più co' tu' marito!", come dice al minuto 1.17 il dott. Guido Tersilli, visitando una paziente col mal di gola. 







Oggi il mio karma personale ha guadagnato 1000 punti.







12/05/2012

Tassinari di notte. Lisbona in multicolor

I taxi a Lisbona sono ovunque, e sono migliaia: te li ritrovi sempre alle calcagna, ti sorpassano a destra, inveisci contro di loro. Li odi, quei cubicoli giallo crema, o verde e nero (sì, ce ne sono di due colori, a seconda dell'epoca di messa in servizio).
Però li ami anche: essendo economici, sono mezzi di trasporto utilizzati da tutti, dai giovani in uscita notturna  alle vecchie di ritorno a casa, con le buste della spesa gonfie davanti al supermercato.
Io li prendo solo per andare e tornare dall'aeroporto, quando non è possibile andarci in macchina, ed incontro quasi sempre dei casi interessanti di antropologia culturale. Eccone alcuni.

Lisbona, primi anni '30. Foto presa qui


Il di fuori. Un tipo che non conosce assolutamente le strade della città, gira col satellitare parlante, ci manca solo il pilota automatico, ma bisogna che gli indichi io la strada da fare. Diobono! Per concludere in bellezza, non ha neanche il resto di venti euro da darmi e, una volta giunti davanti casa, ferma tutti i taxi che passano per chiedere spicci. Al terzo fallimento fa spallucce ed io decido che la farsa può finire lì. Tieniti pure la (ricca) mancia che non ti avrei mai dato!
Il satellitare. Un macchinone scuro con interni in pelle mi abborda all'uscita dell'aeroporto. Entro e il mio occhio di lince non vede il tassometro, alché chiedo spiegazioni. Il tizio mi dice che fa parte di una nuova rete satellitare nonsoche. La cosa inizia a puzzarmi, e quando gli chiedo allora come farà a calcolare la tariffa, mi sento dire che le tariffe sono fissate a 20 euro (normalmente ne spendo circa la metà). Chiedo di farmi scendere immediatamente, e, dopo qualche tentativo di persuasione non andato a buon fine, mi lascia andare.
La volta che, al secondo tentativo, incontro lui...

...il gourmet. Appena entrata gli chiedo subito ragguagli sull'accaduto col satellitare. Mi spiega che esistono 'sti macchinoni collegati col satellite nonsoche, ma che la tariffa non è affatto fissa. Ecco.
Manco a farlo apposta costui abita nel mio stesso quartiere, così, mentre mi accompagna a casa, guidando in tangenziale con una mano, con l'altra chiama a casa per dire alla moglie che avrebbe portato un franguinho per cena.
Aperta parentesi: il frango è il pollo, e qui sono diffusissimi i posti che li fanno alla brace, da asporto e non. Andarsi a prendere un frango no churrasco a Lisbona è l'analogo dell'andare a mangiare la pizza da noi: una soluzione veloce, relativamente economica ed appetitosa. Il frango dunque regna sovrano, e attorno all'ora di cena i fumi della brace pervadono i quartieri. Esiste anche l'osceno ibrido "pizza galletto", di cui ho già parlato qua. Chiusa parentesi.
Il buon gourmet mi dà dunque una dritta, consigliandomi una griglieria nella mia zona. Forse ha il fiuto per capire chi sta portando sui sedili posteriori?
Sta di fatto che da allora in questo posto insospettabile, dove credo che difficilmente avrei messo piede perché passa del tutto inosservato, ci sono andata già un paio di volte.
L'apolide. Lo incontro una mattina di traffico intenso: proprio l'ideale per sentire le storie di un reduce delle guerre in Angola ai tempi delle colonie, dove venivano spediti tutti, militari e civili; molto amareggiato per le sorti del Portogallo: "Noi allo stato abbiamo dato tanto, lo stato in cambio non ci ha dato nulla". 
Siccome il suo accento tradisce lievemente una provenienza forse d'oltremare, gli chiedo di dove sia, e lui mi riponde: "Sou cidadão do mundo". Applausi.
(Per chi fosse interessato alla contraddittoria ed intrigante storia dei rapporti politici tra Angola e Portogallo, segnalo tra gli altri i libri di António Lobo Antunes, di cui potete trovare un excursus letterario qui). 
Il disertore l'ho incontrato ieri vicino ad una fermata del tram: si stava facendo pericolosamente tardi, quindi mi volto verso la fila dei taxi. Ce n'era solo uno, un po' malconcio e parcheggiato senza taxista. Allora un po' rassegnata mi rigiro a guardare i minuti di attesa stimati: ancora dieci, decisamente troppi.
Ma ecco che all'improvviso vedo il vetusto latitante apparire al volante del suo bolide, mettere in moto e fare circa cinque metri per permettere ai colleghi provenienti da dietro di guadagnare le posizioni. Il tempo di distrarmi un secondo, e lui è di nuovo scomparso dal luogo di lavoro, evidentemente preso in qualche bar nei paraggi: in pratica ha solo spostato la macchina per fare posto agli altri! 
L'enigmista. Un personaggio silenzioso, di quelli persi nei propri pensieri, che quando sto con la luna storta ringrazio e benedico, altrimenti osservo cercando di captare un indizio della sua follia.
Semaforo rosso: il pensieroso tira fuori un blocchetto, ma io lo vedo solo con la coda dell'occhio perché sono distratta. Poi va a finire che s'incontra traffico in tangenziale, e allora il blocchetto riappare negli istanti di rallentamento insieme ad una penna, e stavolta vedo bene: un sudoku gigantesco quasi completato, sul quale il pensatore scrive frettolosamente un numero, e poi ripone il tutto, continuando la sua corsa.
Stavolta  il suo enigma forse l'ho svelato.
Mi vengono in mente subito i taxisti di Zurigo, visti fuori dalle auto a disputare una partita di scacchi sul cruscotto. M'è sempre rimasto un dubbio: come diamine fanno a ricordarsi a che punto stavano ogni volta, dopo una corsa?

Giusto per la cronaca, Zurigo mi viene casualmente in mente anche perché ora sarei là, se ieri lo sciopero dei controllori di volo della TAP non mi avesse messo i bastoni tra le ruote.
Acc! E io che dovevo andare a svelare il mistero degli scacchi.
Per fortuna l'appuntamento è solo rimandato.




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