29/10/2011

Down in Mississippi

L'altra sera sono stata alla rassegna annuale di cinema documentaristico Doc Lisboa a vedere "Blue Meridian", atto secondo della trilogia "American Water" della giovane regista belga Sofie Benoot dedicato ai luoghi dimenticati eppure storicamente e culturalmente importanti degli Stati Uniti. 
Questa volta Sofie ci porta negli stati del Sud Est , nel cuore nero di Mississippi e Louisiana. Il viaggio parte da Cairo (sud Illinois), punto di confine tra Nord e Sud, dove i fiumi Mississippi e Ohio si incontrano, città evacuata qualche mese fa a causa di una spaventosa inondazione.
Si viene così subito proiettati nel viaggio che ci aspetta, attraverso zone che al tempo dei commerci fluviali erano prospere e che ora  sono a rischio scomparsa. 
Eppure la gente di quei luoghi "sa come fare per andare avanti, ha tutto ciò di cui ha bisogno", ci dicono.

Seguendo il corso del fiume l'occhio della telecamera, che spesso indugia su alcuni dettagli come case abbandonate, ex capannoni industriali decadenti, ci rende partecipi di una realtà  dura ma che non è morta, che vive, che vuole vivere.
La manifestazione del dolore è nei volti delle persone, nei luoghi tremendamente spogli e spesso degradati, sovrastati da un cielo e  un'acqua grigi e pesanti.

Ma nelle parole della gente è viva la speranza di migliorare la propria condizione (non necessariamente sulla terra) e un attaccamento ai propri luoghi  "perché qui al Sud siamo diversi: a Nord sono tutti yankees, la gente più arrogante sulla faccia della Terra", e un invito a non lasciarli morire, quei luoghi, un invito ad amarli.  
A sperare, a non mollare.
Questa gente ha fede ed invoca il suo Lord fin dai tempi delle preghiere degli schiavi neri piegati nei campi di cotone; lo spiritual, il blues, tutto è impregnato di simboli e di soprannaturale, in quest'area galleggiante sul fiume imperioso, che anno dopo anno si mangia un pò della terra, con la sua forza, a volte anche con la violenza dell'uragano, violenza stampata nel ricordo di chi è stato risparmiato.

Il viaggio si apre con la preghiera "Amazing grace" e si chiude con una testimonianza di un abitante che ci racconta che la sua terra si trova già diversi metri sott'acqua e che secondo lui  "tra 40 anni qui non sarà rimasto più nulla". 

Forse.
                    


                        




23/10/2011

Always the last day of summer

Ovvero il giorno che vorresti non finisse mai.
La danno tutti per spacciata ormai, questa lunga estate -così lunga che chiamarla estate è un'offesa- persino io avevo deciso che se ne stesse andando già quel giorno.
E allora bisogna prolungarlo il più possibile, illudendosi che diventi infinito, così sarà sempre l'ultimo giorno d'estate.  
Perché da domani tutto cambierà irrimediabilmente, e nessuno il giorno dopo potrà più ricordare.
"It's always the last day of summer and I've been left out in the cold with no door to get back in". (George Jung)

Quindi un saluto a Motor Hairport, il mio parrucchiere finora qui a Lisbona. Il salone chiude battenti dopo due anni di attività. La crisi ha colpito ancora, i titolari non riescono a far fronte alle spese per tenere aperti due saloni contemporaneamente e hanno dunque deciso di concentrare gli sforzi in un'unica sede. Chiuderà però a fine mese proprio quello in cui mi recavo io. Alcuni dipendenti sono già andati a cercar fortuna altrove, altri partiranno presto.

E perché è l'ultima volta ho chiesto di poter fare delle foto. Patricia contentissima mi ha detto che certamente potevo, e l'ho salutata augurandole buona fortuna per la sua avventura in Irlanda ("dove pure c'è la crisi ma almeno pagano un po' meglio").



Meno male che almeno Lx Factory è sempre lì rassicurante. Un esempio riuscitissimo di riqualificazione e recupero di un ex polo industriale ora adibito a ristoranti, aree design, laboratori d'arte e molto altro, in continua espansione.
Tra i vari posti, uno dei miei preferiti è la libreria  "Ler devagar" (traducibile con "leggere con lentezza"), un invito a prendersi una pausa tra i libri, gironzolando tra gli scaffali pieni zeppi di cose interessanti e sbirciare pagine seduti su poltroncine disseminate ovunque, tra pezzi di macchine industriali che parlano della precedente identità del luogo.
Che da poco accoglie anche un angolo degustazione di vini.




Devagar..con un bicchiere di Aragones Vila Santa, un vino alentejano che mi ha conquistata subito, accompagnato da un formaggio di capra gratinato con noci, mela verde, composta di mele e cannella.
E siccome mi hanno regalato un barattolino di cotognata, credo proprio che ci proverò prima o poi.

Intanto mi accorgo che fuori piove.



19/10/2011

Orgoglio portoghese

Mourinho è l'orgoglio nazionale di questo popolo che spesso conosce il suo quarto d'ora di celebrità  tramite personaggi come lui.
Questo popolo a volte un po' snobbato dal resto d' Europa, sia per il numero esiguo di abitanti (circa 10 milioni) che per la vicinanza alla Spagna che ne offusca un po' l'identità, pur essendo i due paesi completamente diversi (tralascerò di dire che spesso capita di sentire che Lisbona è in Spagna...)
Questo popolo attaccato alla sua terra, davvero orgoglioso di esserne parte, che a volte vagheggia un eldorado altrove, che spesso parte per cercarvi fortuna,  lo farà avvolto in un drappo rosso-verde  (probabilmente dopo averlo tolto  dalla finestra cui era appeso).

Eppure il Portogallo è stato per lunghi secoli il centro del mondo, a capo di un grosso impero che aveva colonie persino a Macau (Cina) e  Goa (India), un impero che è stato la forza di questo paese negli anni fiorenti dei commerci di età moderna, ed insieme il suo tallone d' Achille. 
Ma avrò modo di parlarne ancora, perché è un argomento molto affascinante per me che prima di venire a viverci ne sapevo molto poco.

Dunque il volto di Mou campeggia ovunque in città, essendo testimonial di varie marche e campagne pubblicitarie.
Una di queste ha catturato la mia attenzione qualche sera fa mentre ero in tram.
Ad una fermata stava attaccato il manifesto di una grossa banca





"Mostri il suo orgoglio di essere portoghese" e sopra la testa di Mou "Entri e chieda il suo nastrino dell'orgoglio portoghese". 
Innanzitutto un po' di filologia spicciola: qui si bada molto alla formalità nella lingua, soprattutto nei casi in cui si debba dare del lei; persino nelle pubblicità, come in questo caso, si ricorre alla terza persona, mentre in Italia viene comodamente dato del tu, forse per creare un senso di vicinanza e maggiore confidenza col probabile consumatore.
Qui invece si mantengono i toni formali: mostri, entri, chieda. Ecco, non mi suona tanto bene tradurre "Mostri, entri e chieda". Quasi come "venghi, venghi". 

Ma poi fatemi capire, anzi, mi facciano capire, stando a quanto suggerisce il polso adornato di Mou uno dovrebbe entrare in banca e
"Buongiorno, sono qui per la fascetta dell'orgoglio."
"Sì,  prego, prego, quale preferisce tra le cinque?"

Mmmm...meglio guardarle un altro po'...








10/10/2011

Il piatto, il pesce spada e la melanzana

Innanzitutto, un regalo. Mi arriva dal numero two di oceanstwo: il logo per questo blog. 
In maniera del tutto inaspettata ed improvvisa, dopo un'oretta di scarabocchi sospetti -insospettabili tuttavia- ed io l'ho apprezzato tantissimo! 
E dico anche che secondo me ci sta proprio bene, con tutta questa storia di ponti e di oceani.  G r a z i e!


Poi passiamo ad un altro regalo. Oggi mi tratto proprio bene. Il piatto, anzi, i piatti (sono due, identici ma di misure diverse), doni di tre amiche che ho conosciuto a Lisbona, con cui ho avuto modo di brindare varie volte, per esempio qua. Loro hanno capito la mia mania di spadellare e la mia passione per le caccavelle, passione spesso sopita per non accumulare troppe cianfrusaglie (multipli traslochi precedenti docent). 
Ma questi piatti sono troppo preziosi per me, uno perché sono il loro regalo, e due perché questo blu mi ricorda il cielo di Lisbona.
E quindi ormai mi accompagneranno ovunque.





Ancora una volta profumo di Sicilia nell'aria, così ho preparato questo facilissimo piatto di fusilli con pesce spada e melanzane, un must della cucina isolana.
Ingredienti:  200 gr di fusilli, una fetta di pesce spada di circa 200 gr, una melanzana, pomodoro (io ho usato mezzo barattolo di polpa e quasi 1/2 l di passata), una cipolla, vino bianco, timo, menta, pepe, sale, olio.
Procedimento: la melanzana -tagliata a tocchetti- bisogna friggerla, diversamente il sapore verrà nascosto da quello del pesce spada. Una volta fritta, ponetela su carta assorbente per farla asciugare.
A parte affettate la cipolla e fatela imbiondire, poi aggiungete il pomodoro e lasciate cuocere qualche minuto. Pulite il pesce spada e tagliatelo a pezzetti non troppo piccoli, poi cuocetelo col pomodoro sfumando con vino bianco. Aggiustate di sale, pepe e odori. Il pesce spada cuoce in pochi minuti.
Scolate la pasta e saltatela in padella con il condimento, al quale aggiungerete le melanzane fritte in precedenza. 
Il piatto e' alquanto sostanzioso, perfetto per le mie domeniche da "una sola volta ai fornelli".




05/10/2011

Un paradiso luminoso e triste

Così  disse qualcuno a proposito di Lisbona.
E io so perché.

Luminosa. Qui la luce ha una tonalità e un calore tutti suoi. Unici. 
La senti subito violenta, che ti abbraccia e ti stringe nella sua morsa accecante, che si riflette in tutto quel bianco, quella luce che rimbalza tra il Tejo l'Atlantico le facciate di azulejos dei palazzi e la calçada e i tuoi occhi.
E' una presenza, una consolazione a cui tuttavia non posso abituarmi: io voglio perdermi di stupore ogni volta. 





Triste. In questo piccolo lembo di terra estrema d'Europa che soffre il mal d'Africa raccontando storie di destini che s'intrecciano dall'altra parte dell'Atlantico sospiro un antico blues nei vicoli stretti e umidi, nei maestosi viali alberati, e lo sento nella terra nell'aria pregna di odori  -il giorno dell'arrivo, l'amaro sapore delle navi che salpano.





Il paradiso -che poi uno sta là a chiedersi perché e per come mentre intanto tutto accade in una giornata qualunque, e allora non resta che illudersi di poter fermare le sfumature del momento- ma intanto il mio è già scivolato via veloce, lontano.








01/10/2011

Di coriandolo, di alici e di tortini

Sabato mattina, mercatino di quartiere. Mi diverto a vedere questo brulicare di gente indaffarata, questo vociare continuo sui banchetti dai mille profumi. 
Mi lascio tentare dalle verdure freschissime e coloratissime e faccio man bassa. Alla fine chiedo un pò di prezzemolo al venditore, che è felice di regalarmelo (qui è comune che vengano date erbe aromatiche in omaggio al cliente) e mi chiede con aria di chi pensa di potermi fare felice: "Non vuole anche un pò di coriandolo? Eh?". Ehm..no, grazie. Non mi piace avere la fissa di non aver sciacquato bene i piatti mentre mangio (il coriandolo fresco sembra prezzemolo alla vista, ma sa di detersivo per le stoviglie). E dire che stando qua mi sono quasi abituata a non scartarlo se vado a mangiare fuori, quando non è troppo. E dire anche che i semini li ho anche usati in passato -con parsimonia, certo. Ma pensare di portare a casa fronde di coriandolo e usarlo volontariamente, no, questo è ancora troppo per il mio palato amante di basilico e prezzemolo: "No, grazie, non mi piace molto il coriandolo". 
Il tipo mi guarda con aria sgomenta, è allibito, non può credere alle sue orecchie, una marziana è andata a comprare delle verdure da lui stamattina. "Noi portoghesi lo usiamo molto!", si limita a dire. Sì, lo so.

Banchetto del pesce: cosa sarà la petinga? Somiglia ad un'alice, ma non lo è: è soltanto una sardina piccolina. Ma non importa, facciamo finta che siano alici. Mi mancano le alici, qui non se ne trovano, compro le petinghe. 
E ci preparo questo tortino con le patate. Se fossero state alici, questo post si sarebbe chiamato "tortino di alici e patate". 
Senza coriandolo per me, ça va sans dire.


Ricetta per 2 persone:
300 gr di alici (chi se le può permettere), una patata, prezzemolo, pepe, sale, olio, formaggio vaccino grattugiato, pangrattato, una manciata di mandorle a lamelle, uno spicchio d'aglio.
Procedimento:
Pulite le alici togliendo testa e lisca centrale e apritele a libro. Affettate una patata molto sottilmente, e in una teglia componete degli strati partendo con le patate ed alternandole con le alici, condendo ogni strato con prezzemolo, pepe, formaggio, aglio e mandorle e un goccio di olio (l' ultimo strato sarà di patate). Cospargete di pangrattato, irrorate con un pò di olio e infornate nel forno caldo a 200° per 20', facendo gratinare negli ultimi 5'. 




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