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17/11/2013

Lasciare Ajuda

Settimane concitate da queste parti. La prossima sarò via da Lisbona e quindi questi presumibilmente saranno gli ultimi giorni ad Ajuda.
Questo post è una specie di personale saluto al quartiere, del resto erano quindici anni, da quando cioè ho lasciato casa dei miei, che non vivevo così a lungo nella stessa casa e persino nello stesso quartiere di una città.
Il prossimo sarà il trasloco numero undici (ho già iniziato con lo sgombero delle cose inutili e il caos regna sovrano).
Alba da Monsanto
Poco noto ai turisti, ma anche a chi vive a Lisbona ma non è lisbonese, perché lontano dai circuiti piú frequentati, il quartiere di Ajuda, dove vivo da tre anni e mezzo, racchiude in realtà tante piccole perle che si schiudono solo agli sguardi attenti. 
Il quartiere, delimitato a sud dal ben noto Belém e a nord dall'immenso parco forestale di Monsanto, un luogo che amo molto, sorge su una delle mille colline della città e ha origini riconducibili al secolo XVI; un tempo patria di mulini e di fattorie, subì un incremento demografico dopo il terremoto del 1755, quando anche la residenza reale venne spostata quassù dal centro. Sorsero l'orto botanico (il piú antico della città) e diversi giardini e parchi collegati al palazzo reale (dove organizzano molti eventi, tra cui mostre e concerti di musica classica con balli di corte in costume del '700, che pare di stare dentro Lady Oscar).
E poi è qua, ad esempio, che esiste il banchetto ortofrutticolo 100% bio!
 
Già nel lontano 2005 io e mrT, durante il nostro viaggio in Portogallo, ci capitammo per caso senza saperne il nome, spinti sempre dalla nostra curiosità verso i luoghi poco battuti. Lo abbiamo scoperto solo tempo dopo, quando, ripercorrendo certe strade, abbiamo rivissuto qualche immagine nascosta nella memoria e testimoniata dalla foto scattate all'epoca.


Saluto virtualmente tante simpatiche persone che mi hanno accompagnato in questi anni: "gli amici" del bar dello sport che ormai mi danno il buongiorno la mattina quando m'incrociano mentre vanno a prendere servizio ai posti di combattimento ed i commessi del supermercato di fiducia -tra cui un delizioso e nonnetto signor Francisco che quando non mi vede comparire per qualche giorno poi mi chiede che fine avessi fatto.
Un saluto particolare alla vicina di pianerottolo Dona Maria che si è dimostrata provvidenziale in piú di un'occasione: ad esempio quella volta che un lenzuolo rimase impigliato in un gancio dei fili del vicino di sotto sempre assente e andai da lei per chiedere informazioni sull'uomo spiegandole l'accaduto. La simpatica donnina mi disse di aspettare un secondo e tornò lesta con un accrocchio da lei messo su precedentemente: un uncino attaccato ad un filo robusto e tirato su da una specie di carrucola, con il quale riuscì a recuperarmi tutta soddisfatta il lenzuolo in pochissimo tempo!


Adeuzinho Ajuda, tornerò per perdermi ancora nelle tue vie e nei patii inondati di luce bianca, guardando il Tejo e immaginando il ponte 25 de Abril quando lo potevo ammirare affondare nel rosso del tramonto dalla finestra della mia stanza.

  

PS-1 Il premio di miglior vista di Lisbona per quest'anno se l'è conquistato una foto scattata proprio da queste parti.

Copyright Sofia Saldanha


PS-2 La nuova casa si trova nel quartiere in cui c'è questo posto, dove Oceanstwo ebbe inizio:





Mi attendono alcuni giorni in Italia per lavoro e poi rientro con trasloco.
Sarà un altro nuovo inizio...


PS-3 Per scrivere questo post ho bruciato la zuppa.
Ci sono tutte le premesse per una settimana pimpante.






21/06/2012

Dimmi che numero hai...un pomeriggio al Centro de Saúde

Sono alcuni giorni che vivo in un esilio dorato (ma neanche tanto) con febbre e mal di gola potente. Siccome la febbre la sera si ripresenta puntuale nonostante il paracetamolo, oggi ho deciso di andare a fare una visita al Centro de Saúde, che è come una specie di ASL dove ricevono vari medici, alcuni su prenotazione, altri no, di famiglia e non. Io il medico di famiglia non ce l'ho, quindi ogni volta che vado me ne capita uno diverso. Per fortuna non sono habitué di questi posti, anzi, e infatti non mi spiego come sia possibile essere ridotti così in piena estate. Maledetti batteri dei miei stivali.
Sapendo che le visite iniziano alle 16 e che dalle 15.30 in poi inizia l'accettazione -che va avanti fino ad esaurimento posti- per non rischiare di non essere visitata mi presento alle 15.10, dopo essermi arrostita guidando l'auto che era rimasta al sole per due giorni.
Prendo il mio numerino, il 5, e mi siedo paziente: ci sono solo 3 numeri avanti a me, che bello, ho fatto bene a venire prima. La mia attenzione quindi viene catturata dal televisore appeso in un angolo che trasmette un programma d'intrattenimento supertrash -di quelli soliti pomeridiani- mentre si sta esibendo una tizia che somiglia ad Alessandra Mussolini con 20 cm di ricrescita scura, top fuxia e jeans. 
Intanto sento periodicamente il "beep" del pulsante che chiama il prossimo, ma, quando distolgo lo sguardo dalla Mussolini, mi rendo conto che esiste una pericolosa fila parallela che va avanti ad un altro sportello indipendentemente dal beep. "Chi è il terzo?" ecco come l'impiegata dello sportello della fila parallela chiama i pazienti. 
Uhm. E il simpatico numerino? Che si prende a fare? Io non ho fatto proprio caso a chi stava davanti a me! Al quarto parallelo chiamato mi alzo per mettermi in fila, per far vedere insomma che non dormo, visto che si sta cominciando a creare un po' di caos. Una signora si alza dietro di me e capisco che pretende di passare avanti, allora le chiedo se fosse arrivata prima di me e mi dice di sì "ma è una cosa rapida". No, vabbè, mica c'è bisogno di specificare quanto tempo ci metterai? Se sei arrivata prima vai pure, tanto io non c'ho fatto proprio caso, avevo preso la senha, io.
Proprio mentre la signora si appropinqua al bancone, ecco l'ennesimo "beep". 
Nel display 05. La signora viene ricevuta. Ehm...allora me state a cojonà? 
Insomma, ad un certo punto vado nella fila parallela (il numerino ormai era carta straccia). La prima cosa che mi chiede la tipa è appunto il maledetto numero, e poi mi fa: "Ma non è passata dalla mia collega?". Ahaha. Non mi scompongo neanche un secondo, dico no e resto lì a prenotare la visita che sarebbe avvenuta dopo. 
Nel frattempo assisto anche a una discussione in diretta tra l'impiegata della fila parallela e una tizia nell'altra fila, che a quanto pare si è già presentata centinaia di volte a quegli sportelli per chiedere una cosa che loro non possono fare. Battute e ribattute. E io nel mezzo che volevo solo quel benedetto foglio con l'impegnativa della visita, intanto che la mia gola era in fiamme.
Allora la mia mente si è estraniata dal contesto e s'è messa a ballare "Samba Fortuna", il grande motivo tormentone del film di Albertone "Il medico della mutua".




A samba concluso, finalmente salgo su col bottino in pugno, dopo che l'impiegata mi ha chiesto di ricordarle quale fosse il mio numero (!). Se giocassi al lotto, punterei tutto sul 5, a questo punto.
Mi siedo vicino ad una bambina paffuta che gioca una specie di "Indovina chi?" con la madre, mi guarda a lungo e sicuramente penserà che affianco si ritrova una mentecatta, data anche la mise da esiliata.
Allora dopo un po' mi metto a guardare come gioca, e quando alla fine mi dice sorridendo "E' già la seconda volta che vinco!" penso che avrà avuto pietà di me e delle mie sofferenze, e avrà deciso di rivolgermi la parola. 
Oh, è il mio turno, finalmente, in un'ora e mezza ho risolto.
Beh, risolto è un parolone, ma ci proviamo, a botte di antibiotici e paracetamolo.
Ci mancava solo che il medico mi dicesse "Vuoi guarì? Non litigà più co' tu' marito!", come dice al minuto 1.17 il dott. Guido Tersilli, visitando una paziente col mal di gola. 







Oggi il mio karma personale ha guadagnato 1000 punti.







03/06/2012

Monsanto Mon Amour

Il Parque Florestal de Monsanto è il vero polmone verde di Lisbona. Coi suoi quasi mille ettari di estensione domina la parte ovest della città, e possiede aree attrezzate per churrasco (barbecue), birdwatching, piste da skateboard, aree picnic e ricreative, percorsi ginnici, sentieri guidati per la scoperta delle erbe aromatiche che vi crescono, e, dulcis in fundo, meravigliosi scorci sul Tejo e sull'Atlantico, nonché sul ponte 25 Abril. Inoltre è collegato alla Baixa e al Parco Eduardo VII, zone centralissime, con un percorso ciclabile lunghissimo, costruito per promuoverne la conoscenza al grande pubblico. 
Infatti, essendo in posizione un po' defilata, normalmente non viene preso particolarmente d'assalto dalle folle urbane, tranne nelle domeniche in cui c'è OutJazz, il festival jazz itinerante e gratuito all'aria aperta che in estate allieta gli animi lisboeti. OutJazz si svolge da Giugno a Settembre, due volte a settimana: il venerdì in centro e la domenica in diversi parchi urbani, a rotazione. 
Giugno è per l'appunto il turno di Monsanto. E io fortunella ce l'ho proprio dietro casa. Quando arriva la bella stagione ci vado anche a correre, cercando di vincere la mia innata pigrizia. 
Oggi però ci son andata a ritmo di Jazz. La giornata era meravigliosa, e ne ho approfittato per stendermi sulla mia copertina, appostata con la mia macchinetta a cogliere momenti di questo pomeriggio che sa già d'estate.
Tra coppie colorate e romanticissime, cani che dialogano con gli uomini, bimbi piccoli spupazzati, gambette che corrono rincorrendo un pallone, frisbee che volano in aria e anche pericolosamente sulla mia testa, ragazzi che portano bicchieroni colmi di SuperBock gelidi e traballanti, altri che divorano una deliziosa torta al cioccolato...
Io sono arrivata, dicevo, a ritmo di jazz un po' tardi: pazienza, mi son trovata alla sessione del dj a ritmo di reggae.







28/05/2012

Incontri ravvicinati del primo tipo/2: un fischietto a due ruote

Continua, dopo la prima puntata, la saga dei mestieri improbabili legati alle cose strane che incontro quando gironzolo per la città. Guarda caso anche stavolta si tratta del mio quartiere, comincio davvero a pensare che non sia un caso che sia finita quassù! 
Qualche mattina fa mi alzo al ritmo di un fischietto che sento giungere dalla strada. Fischi a cadenza periodica, insistenti, ma non riesco a capire cosa sia, e sono troppo pigra per affacciarmi a vedere cosa accade di sotto. 
Poco dopo sono in strada per andare a lavoro, e ad un certo punto, nonostante gli auricolari sintonizzati sulla mia radio lisboeta preferita, Radio Radar, risento i fischi, sempre più vicini, fino a che mi trovo a camminare affianco ad un ometto che trascina la sua bici-laboratorio ambulante, con ombrelli appesi di fronte e vari attrezzi che spuntano un po' da ogni dove.

Un riparatore di ombrelli?! Lo guardo, lo osservo, poi mi faccio superare, e in preda alla compulsione, sfilo la mia fidata macchina fotografica dalla custodia nella borsa e mi decido a pedinarlo brevemente, quando vedo che s'infila in un incrocio. Si ferma a parlare con due tizie davanti ad una specie di cancello, è fatta! Mi metto dall'altro lato della strada sul marciapiede, con occhialoni da sole scuri e bavero alzato fingendo disinteresse, mentre con nonchalance fotografo di qua e di là. 


Nonostante gli auricolari sento che mi sgama in pieno dicendomi "Faccia pure quante foto vuole alla bici!" 
Cavoli, sono stata scoperta. Però che gentile, mi dà via libera! Comunque mi sa che 'sti auricolari vogliono andare in pensione. E poi ho la vaga impressione che io come pedinatrice sia una schiappa.
Allora colgo la palla al balzo, mi levo dall'imbarazzo, attraverso la strada e mi posiziono di fronte a lui, dicendogli "Però la foto la faccio anche a lei!"
E lui tutto contento si mette in posa.
"Come si chiama?"
"Manuel"
Click click. 

Ringrazio e me ne torno sulla strada maestra.
Ovviamente ho dimenticato di chiedergli se davvero fosse un riparatore di ombrelli.
Per me lo è. E allora per prima cosa la mia indole di avvocato delle cause perse mi induce a pensare che se c'è ancora qualcuno che fa questo lavoro, non è vero che c'è giustizia al mondo. Poi torno sulla terra, e "Beh, si vede che esiste chi compra ombrelli che non siano made in China. E quindi se gli si rompono, e col ventone che c'è qua si rompono di sicuro, vale la pena farseli aggiustare."
E io che credevo che nel 2012 gli ombrelli si fossero estinti.


Postilla. Tra una foto, un sorriso ed un pensiero, nella foga ho anche perso la custodia della macchinetta fotografica per strada. Me tapina, sola in una valle di lagrime!
Non solo sono una schiappa come pedinatrice, ma adesso ho la prova definitiva di essere anche parecchio distratta.








08/11/2011

Incontri ravvicinati del primo tipo/ 1: uno schermo in carrozzina

Passeggiando per il mio quartiere mi sono imbattuta in questo posto dove, forse, riparano elettrodomestici. 






Non si capisce bene da dove spunti quella catena, cioè se serva in qualche modo come antifurto o cosa.

Ma meglio non dare nulla per scontato, specialmente dati i bizzarri personaggi che popolano il quartiere.
E poi..cosa vuoi che riparino là dentro?!
Sarà qualcuno che, uscito a fare due passi con la carrozzina, passando davanti casa dell'amico ha parcheggiato un attimo fuori ed è entrato a salutarlo.




29/07/2011

Una sera alla corte di Re Manuel

5as à noite nos museus al Palacio da Ajuda, ultima residenza dei reali portoghesi. Presenti l' Accademia di danza antica e l' orchestra metropolitana di Lisbona.

Dopo il concerto aperte le danze per tutti. Osservando le signore volteggiare nelle loro andriennes mi sono sentita per qualche ora alla corte di re Manuel.

06/07/2011

L'autentico mercato Bio

Alcântara, confini con Ajuda. Ci passo tutte le mattine, e ci trascorro la maggior parte del mio tempo, nel quartiere dal nome arabo che significa "il ponte", che non si riferisce al ponte 25 Abril che pur inizia proprio da qua, ma al ponte esistente in epoca romana. Un quartiere vivo, una volta industriale e operoso, che oggi reca ancora i segni di antichi fasti: bisogna cercarli nelle strade secondarie, nei caffè brulicanti di donne, negli spazi industriali recuperati, in quelli ancora cadenti, nei piccoli negozi indipendenti che nonostante tutto resistono ancora...

E una chicca: un banchetto di frutta e verdura rigorosamente colta dall'orto sovrastante la strada da un anziano signore, il quale ogni mattina lascia la sua merce bio nella strada, a mò di esca per i passanti, e scompare di nuovo nel suo orto facendo su e giú coi suoi stivali di gomma.
Una mattina mi toccherà scovarlo per chiedergli un pò della sua frutta colorata.










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