15/05/2012

Good times, bad times. Quattro belle cose italiane

Della mia breve e recente permanenza in Italia ho già pubblicato le immagini e le belle impressioni personali. Ora vorrei esporre anche un paio di considerazioni generali su alcuni fatti.
Parto soft con la dieta Dukan: ne ho sentito parlare da tutti! A quanto pare sta spopolando, a partire dal giorno del matrimonio del principe d'Inghilterra che ha sposato un' "adepta". Quindi fonti autorevolissime! E poi incute fiducia già dal nome, diciamolo. Dukan.
È una dieta che, almeno nella prima fase, è iperproteica, e quindi costringe per i primi 5-10 giorni  a consumare solo proteine e vieta gli alimenti contenenti zuccheri, nonché le verdure: quindi niente pane, niente vino, niente frutta, niente insalata, niente ortaggi.
Solo a sentirla nominare comincio a ruggire e mi si allungano i canini.
Se c'è qualche esperto in materia mi piacerebbe che mi esponesse buoni motivi per seguire un regime del genere.

Poi, cambiando argomento, vorrei dire che continuo a vedere cose strane. Come borse giganti di Vuitton e di Gucci camminare su due zampe, Ferrari rombare in improbabili strade di paese e yacht sempre più grandi attraccati ai porti in attesa dell'estate, ristoranti sempre pieni, aggeggi ipertecnologici nelle tasche di tutti, di chi neanche li sa usare, che tanto ormai costanosolotrentaeuroalmese. Sono nonsense che non risolverò mai: di questo passo la situazione secondo me difficilmente cambierà,  perché manca l'educazione alla rinuncia.
Una sera a cena, dopo l'ennesimo bicchiere di vino, la mia 86enne nonna, che la crisi le fa un baffo,  sciorina la sua perla di saggezza: "Facciamo come possiamo. Se ora c'è poco viviamo di poco". Non c'è il sentimento del tutto e subito nelle sue parole, ma del resto lei a vivere di poco c'è abituata, lo fa da quando è nata.
Ecco, se c'è una cosa che vorrei si imparasse a fare è proprio questa, e cioè cercare discernere le cose importanti da quelle futili, nella stessa maniera in cui siamo bravi a dire che fatichiamo ad arrivare a fine mese.

E ora le good news. Sono quattro per la precisione: un numero incoraggiante.
Un. Girando per le strade del centro storico di Salerno ho trovato la piccola bottega del riparatore di orologi a cucù. Quanto amore ci vorrà per portare avanti un'attività del genere? Semplicemente commovente!
Ringrazio il simpatico artigiano, che ha visto quella pazza stupita di meraviglia fermarsi a bocca aperta davanti alla sua porta in un caldo sabato di primavera. Senza dir nulla ha continuato impassibile la sua opera ingegnosa nel buio della sua stanza, mentre la pazza lo immortalava.



Due. Le piccole librerie esistono ancora, ed è un piacere trovarle, specie in posti non sospetti. Non solo catene e centri commerciali. Ci sono ancora questi posti disordinati, coi libri accatastati, come piacciono a me, in cui in verità non si capisce bene dove pescare il libro che ti serve, ma anche questo è bello perché cercando t'imbatti in altri volumi, e ti fermi, indugi, pensi, odori la carta, e li vorresti comprare tutti. E poi se ti perdi puoi sempre chiedere informazioni all'omino che si mimetizza tra gli scaffali, come se là dentro ci fosse nato, e lui di libri e di scrittori ne sa finalmente qualcosa.
E sa dove andare a pescare l'oggetto del desiderio, semplicemente perché ce l'ha messo lui, lassù, in cima alla scaletta di legno. Questa è a Taranto, fuori dal centro e dalle strade battute del commercio. Un'oasi nel deserto, davvero!








Tre. Il caffè come lo fanno nei bar in Campania, signori miei, non ce n'è. E non lo dico per campanilismo.  Davvero, è tutta un'altra cosa. Ne ho bevuto solo due, e me li ricordo con gioia. E' cremoso, profuma e ha un retrogusto quasi di nocciola tostata. Effetti della tostatura a legna? Non so, anzi, prima di vedere questo cartello ne ignoravo persino l'esistenza.
Comunque provare per credere.







Quattro. Ho visto comparire le bici a Taranto! Un miracolo in una città del Sud, dove andare in bici denota un certo grado di follia perché assolutamente fuori dal comune. E poi a Taranto, una città assolutamente pianeggiante, ma sopraffatta dal traffico   impazzito dei veicoli a motore, senza uno straccio di pista ciclabile, andare in bici è arduo ma aiuterebbe a risolvere tanti problemi.
Applausi a questi impavidi ciclisti, e che possiate essere sempre più numerosi!

Ne ho visti anche alcuni impavidissimi, andare sulla superstrada per Brindisi...perché un tocco di follia non guasta mai.





Questi battono di gran lunga la ventenne spensierata che se la pedalava allegramente sui viali bolognesi col vento tra i capelli...








12/05/2012

Tassinari di notte. Lisbona in multicolor

I taxi a Lisbona sono ovunque, e sono migliaia: te li ritrovi sempre alle calcagna, ti sorpassano a destra, inveisci contro di loro. Li odi, quei cubicoli giallo crema, o verde e nero (sì, ce ne sono di due colori, a seconda dell'epoca di messa in servizio).
Però li ami anche: essendo economici, sono mezzi di trasporto utilizzati da tutti, dai giovani in uscita notturna  alle vecchie di ritorno a casa, con le buste della spesa gonfie davanti al supermercato.
Io li prendo solo per andare e tornare dall'aeroporto, quando non è possibile andarci in macchina, ed incontro quasi sempre dei casi interessanti di antropologia culturale. Eccone alcuni.

Lisbona, primi anni '30. Foto presa qui


Il di fuori. Un tipo che non conosce assolutamente le strade della città, gira col satellitare parlante, ci manca solo il pilota automatico, ma bisogna che gli indichi io la strada da fare. Diobono! Per concludere in bellezza, non ha neanche il resto di venti euro da darmi e, una volta giunti davanti casa, ferma tutti i taxi che passano per chiedere spicci. Al terzo fallimento fa spallucce ed io decido che la farsa può finire lì. Tieniti pure la (ricca) mancia che non ti avrei mai dato!
Il satellitare. Un macchinone scuro con interni in pelle mi abborda all'uscita dell'aeroporto. Entro e il mio occhio di lince non vede il tassometro, alché chiedo spiegazioni. Il tizio mi dice che fa parte di una nuova rete satellitare nonsoche. La cosa inizia a puzzarmi, e quando gli chiedo allora come farà a calcolare la tariffa, mi sento dire che le tariffe sono fissate a 20 euro (normalmente ne spendo circa la metà). Chiedo di farmi scendere immediatamente, e, dopo qualche tentativo di persuasione non andato a buon fine, mi lascia andare.
La volta che, al secondo tentativo, incontro lui...

...il gourmet. Appena entrata gli chiedo subito ragguagli sull'accaduto col satellitare. Mi spiega che esistono 'sti macchinoni collegati col satellite nonsoche, ma che la tariffa non è affatto fissa. Ecco.
Manco a farlo apposta costui abita nel mio stesso quartiere, così, mentre mi accompagna a casa, guidando in tangenziale con una mano, con l'altra chiama a casa per dire alla moglie che avrebbe portato un franguinho per cena.
Aperta parentesi: il frango è il pollo, e qui sono diffusissimi i posti che li fanno alla brace, da asporto e non. Andarsi a prendere un frango no churrasco a Lisbona è l'analogo dell'andare a mangiare la pizza da noi: una soluzione veloce, relativamente economica ed appetitosa. Il frango dunque regna sovrano, e attorno all'ora di cena i fumi della brace pervadono i quartieri. Esiste anche l'osceno ibrido "pizza galletto", di cui ho già parlato qua. Chiusa parentesi.
Il buon gourmet mi dà dunque una dritta, consigliandomi una griglieria nella mia zona. Forse ha il fiuto per capire chi sta portando sui sedili posteriori?
Sta di fatto che da allora in questo posto insospettabile, dove credo che difficilmente avrei messo piede perché passa del tutto inosservato, ci sono andata già un paio di volte.
L'apolide. Lo incontro una mattina di traffico intenso: proprio l'ideale per sentire le storie di un reduce delle guerre in Angola ai tempi delle colonie, dove venivano spediti tutti, militari e civili; molto amareggiato per le sorti del Portogallo: "Noi allo stato abbiamo dato tanto, lo stato in cambio non ci ha dato nulla". 
Siccome il suo accento tradisce lievemente una provenienza forse d'oltremare, gli chiedo di dove sia, e lui mi riponde: "Sou cidadão do mundo". Applausi.
(Per chi fosse interessato alla contraddittoria ed intrigante storia dei rapporti politici tra Angola e Portogallo, segnalo tra gli altri i libri di António Lobo Antunes, di cui potete trovare un excursus letterario qui). 
Il disertore l'ho incontrato ieri vicino ad una fermata del tram: si stava facendo pericolosamente tardi, quindi mi volto verso la fila dei taxi. Ce n'era solo uno, un po' malconcio e parcheggiato senza taxista. Allora un po' rassegnata mi rigiro a guardare i minuti di attesa stimati: ancora dieci, decisamente troppi.
Ma ecco che all'improvviso vedo il vetusto latitante apparire al volante del suo bolide, mettere in moto e fare circa cinque metri per permettere ai colleghi provenienti da dietro di guadagnare le posizioni. Il tempo di distrarmi un secondo, e lui è di nuovo scomparso dal luogo di lavoro, evidentemente preso in qualche bar nei paraggi: in pratica ha solo spostato la macchina per fare posto agli altri! 
L'enigmista. Un personaggio silenzioso, di quelli persi nei propri pensieri, che quando sto con la luna storta ringrazio e benedico, altrimenti osservo cercando di captare un indizio della sua follia.
Semaforo rosso: il pensieroso tira fuori un blocchetto, ma io lo vedo solo con la coda dell'occhio perché sono distratta. Poi va a finire che s'incontra traffico in tangenziale, e allora il blocchetto riappare negli istanti di rallentamento insieme ad una penna, e stavolta vedo bene: un sudoku gigantesco quasi completato, sul quale il pensatore scrive frettolosamente un numero, e poi ripone il tutto, continuando la sua corsa.
Stavolta  il suo enigma forse l'ho svelato.
Mi vengono in mente subito i taxisti di Zurigo, visti fuori dalle auto a disputare una partita di scacchi sul cruscotto. M'è sempre rimasto un dubbio: come diamine fanno a ricordarsi a che punto stavano ogni volta, dopo una corsa?

Giusto per la cronaca, Zurigo mi viene casualmente in mente anche perché ora sarei là, se ieri lo sciopero dei controllori di volo della TAP non mi avesse messo i bastoni tra le ruote.
Acc! E io che dovevo andare a svelare il mistero degli scacchi.
Per fortuna l'appuntamento è solo rimandato.




08/05/2012

Tutto iniziò così: OceansTwo compie un anno.

Ed eccoci. Un paio di settimane fa mi era venuto in mente che c'eravamo quasi, e poi me ne stavo per dimenticare. Ma poi mi si è accesa la lampadina: oggi questo blog compie un anno di vita.
Mi ero iscritta a blogger nel 2007, ma poi, un po' per pigrizia e un po' per inibizione, la cosa non era decollata. Neanche il cambiamento vissuto venendo ad abitare qua, in un periodo allucinato della mia vita, incasinatissimo, tra tesi di dottorato da finire, ripetizioni, ore di baby sitter ad una bellissima bimba  che è ancora nei miei pensieri, trasloco da organizzare dall'Italia, pacchi da rispedire a casa dei miei, e chi più ne ha più ne metta, nemmeno la tregua dopo questo caos immenso mi aveva dato la giusta spinta per iniziare. Avevo in verità aperto un blog dal titolo "Spaziotempo libero" appena arrivata a Lisbona, ma dopo un primo post di prova, era stato lasciato marcire.

Poi all'inizio dell'anno scorso si materializzò la possibilità di un viaggio in California, coniugabile con alcuni impegni di lavoro a San Francisco. Ero contentissima.
Nelle mie lunghe ricerche in internet nei mesi prima di partire, mi imbattei in diversi blog californiani e non, e cominciai a leggerli, accorgendomi giorno per giorno che le mie visite si facevano sempre più frequenti, a prescindere dalle informazioni che stavo cercando per organizzare il mio viaggio. 
Da loro mi sentivo a casa: ero ormai in trappola!
Poi successe che era una domenica pomeriggio calda  e di sole, ed ero appena tornata da un concerto di jazz in un parco.




Ero in pace, ricordo benissimo quella sensazione di calma. 
E cominciai a scrivere, vincendo l'imbarazzo. L'8 Maggio 2011 nascevano Elle e questo spazio. Cinque giorni dopo ero su un aereo per la West Coast, da dove continuai a postare real time, eccitata ed entusiasta, non sapendo minimamente cosa sarebbe venuto dopo, né se ci sarebbe stato un dopo.
Invece dopo è successo che l'entusiasmo è continuato, e questo angolo ha cominciato ad avere una vita sua: ho incontrato tante persone interessanti che mi danno modo di conoscere e di conoscermi, trovo stimoli in modo molto più diretto di prima, mi confronto e mi interrogo, perché è una cosa che mi piace, che mi fa sentire viva. 

Lo riaprirei altre mille volte, un blog. E' passato già un anno, e non so neanche come. Grazie a chi c'è, a chi mi legge e s'immagina il mio mondo. Sappiate che io faccio lo stesso con voi, e mi diverto un sacco!

Quindi, visto che siete arrivati pazienti a leggere fino a qua, vi vorrei premiare. Un bacio virtuale a tutti, e un oggettino a chi vuol partecipare a questo compleanno. Non ho ancora idea di cosa sarà, diciamo che sarà una sorpresa, del resto io coi regali a comando sono una frana. Per ora si presenta così:



Tra tutti coloro che scriveranno nei commenti qua sotto estrarrò entro il 20 Maggio quella cosa che ancora non so (datemi tempo per trovarla).
E ve la manderò ovunque voi siate, promesso!







06/05/2012

Immagini dall'Italia 2: la vita agreste

Alcuni giorni nell'antica Lucania, in un territorio contadino ed in parte ancora autentico, dove il quotidiano è fatto davvero di cose piccole e semplici, direi essenziali.
Qui solo un evento terribile ha potuto perturbarne l'essenza: il terremoto del 1980, che spazzò via interi luoghi, cancellò storie, vite,  e cambiò anche le persone, rappresentando proprio uno spartiacque nella storia di chi l'ha vissuto, ma anche di chi l'ha conosciuto solo dai racconti. Esiste infatti un paese "prima" e "dopo" il terremoto, e io mi son fatta l'idea che doveva essere tutto più bello prima. Penso sempre a come sarebbero oggi queste terre se non ci fosse stato lui, perché dove non è arrivata la natura, ci ha pensato l'uomo a saldare il conto.




Io ho solo vaghi e lontani ricordi di un'epoca pre-ricostruzione, in cui anche le case sventrate mi sembravano più vere e più vive, e poi avevano delle cose da raccontare, ormai destinate a perdersi per sempre, perché qui la memoria non è stata preservata, ma si è scelto di cancellarla, forse perché rendeva poco.
E questo faccio davvero fatica ad accettarlo.
Però... sono i luoghi in cui sono cresciuta, e  tutto porta il sapore di anni spensierati e bellissimi, nonostante mi siano sempre stati molto stretti certi modi di pensare e di agire -e questa dev'essere certo stata un' ulteriore ragione che mi ha spinto ad andare via. Anche se a diciotto anni uno non sempre lo sa.

Rincontro per caso nelle strade i volti di persone che conosco da sempre, che ci sono sempre stati, personaggi che popolano i ricordi d'infanzia e dell'adolescenza. Qui i vicini sono come una specie di famiglia allargata, di cui si conoscono vizi e virtù.  Uscendo di casa so che mi fermerò tante volte per salutare qualcuno, o al contrario so bene da dove non passare per evitare incontri poco graditi. 
Rivedere quei visi è per me come rivivere tutta la vita in maniera acceleratissima e condensata, e mi rendo conto che più passa il tempo e più quello che mi colpisce maggiormente sono proprio queste persone, queste figure testimoni di un passato che esiste e che sa chi sono io.
E poi ci sono i paesaggi: a valle, la pianura coi suoi campi coltivati, e poi le colline e le viti, ed infine i rassicuranti Alburni laggiù, cornici immobili ed imponenti che quando li vedo so subito che sono a casa.




Quindi la casa vera, di cui lascio alcune immagini: il ripostiglio-cantina, l'amore felino spesso maldestro ma così indispensabile, e i ravioli di ricotta in attesa di essere cucinati, capolavoro della mamma.




Quando devo ripartire è sempre dura lasciare questi luoghi, da cui una volta sono fuggita, da cui mi sento distante, a cui mi sento irrimediabilmente vicina.




03/05/2012

Immagini dall'Italia 1: gente di mare

Ed eccomi approdata ancora una volta alle sponde dell' Atlantico.
Accolta all'atterraggio da una spessissima coltre di nubi dense e scure che mi hanno privata della bellissima nonché attesa vista della foce del Tejo e della città che si staglia sul blu. 
Mentre ero al finestrino ho pensato ad un viaggiatore che, atterrando a Lisbona, non riesce a godere di quei colori da lassù: una grossa mancanza davvero. 
Per chi vi è già abituato invece, una dura privazione.
Il ritorno è intriso di stordimento, anche se già ieri sera poter tornare a parlare portoghese mi ha fatto sentire bene.

Ho la mente ed il cuore colmi di tanti preziosi attimi che proprio perché son rari acquistano tutto un altro sapore. 
Il sapore delle cose vissute, in perenne attesa di essere riscoperte.
Ho rubato qualche immagine mentre non mi stancavo di girare per le strade, per cogliere gli attimi di mare a Taranto, sullo Jonio, a Polignano, sull'Adriatico e a Salerno e Cetara, sul mio Tirreno.

Mi è mancato questo spazio e mi siete mancati tutti. Perciò vi porto con me nei miei luoghi.

Tripudio di colori, di profumi e di suoni al mercato di Taranto, in cui mi sono imbattuta per caso una mattina, cercando una libreria che non era in centro, e avventurandomi a piedi per rioni poco battuti.



Il bianco e il blu di Polignano, dove ho trascorso il 25 Aprile. 
Un paesino incastonato nella roccia a picco sul mare, un dedalo stupendo di stradine spazzate dal vento di salsedine. Un pranzo superlativo, di cui parlerò nel post dedicato. Una giornata indimenticabile con la mia famiglia siculo-pugliese.




Salerno: è sempre un piacere tornarci. Mi ricordo di quando al liceo marinavo le lezioni per andarci, anche se si poteva restare solo due ore, in modo da essere a casa in orario e non destare sospetti. Ci andavo per comprare i CD da Disclan e per fare un giro sul  lungomare. Ci andavo perché era la città quando la mia vita  era in paese.
Allora credo che non avrei mai notato le buste piene di cipolle e patate appese sotto agli archi nei vicoli del centro storico. 




Cetara: una perla della costiera amalfitana a pochi passi da Salerno. Ci mancavo da alcuni anni, ed è stato bello rivederla. Sentire l'odore dei limoni salire dalle terrazze sulle montagne a picco sul mare, comprare le acciughe sott'olio più buone del mondo e poltrire sulla spiaggetta sulla quale affacciano dei palazzi stupendi. La giornata era bellissima e c'era gente che faceva il bagno in uno scenario incantevole. E poi io ero con la mia amica di sempre. Il momento perfetto, che avrei voluto prolungare all' infinito.





Davanti a tutto quello splendore mi son venuti in mente i celebri versi che tanto ho amato:

"Homme libre, toujours tu chériras la mer!"

(da "L'homme et la mer", C. Baudelaire)







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